giovedì 18 febbraio 2010

Paté de Bourgeois

Segnalo e volentieri ripubblico un post di Paolo Landi, "Sbatti il Qualunquismo in prima pagina". Per quanto si possa essere già eruditi riguardo alla dimensione reale del Corsera, specie in questi ultimi anni in cui è diventato ciò che in nuce aveva sempre voluto essere -sebbene con il sottile garbo dell'intelletto borghese- e cioè "un foglio reazionario, confindustriale, di destra", (cit.) bisogna fermarsi un attimo ad assaporare il coup de couteau con cui questo pezzo rificca in bocca all'intellighentsijyiyaa (yep, whatevah) le sue stesse figure benaltriste e superpartiste, le icone del proprio distaccato ed eroico mondo di abbrutenti "coerenze". A vous:

"Gentile Direttore,

ho già avuto la tentazione di scriverle, nei mesi scorsi, dopo quella che mi è sembrata, a partire dall'estate del 2009, una specie di svolta filo-governativa e filo-maggioranza del giornale da Lei diretto, il Corriere della Sera.

Ricevo il giornale ogni mattina sullo zerbino, con il servizio di OreSette, e quanto leggo sul suo giornale un po' imposta le mie giornate, almeno per quello che riguarda lo spazio delle idee, colorando l'umore civile delle mie giornate. Da quest'estate, appunto, lo zerbino di cui sopra da incarnato si è nuovamente gassificato in metaforico, soprattutto negli editoriali di Prima Pagina dei grandi pensatori di riferimento, Ernesto Galli Della Loggia e Angelo Panebianco, Scilla e Cariddi del pensiero realista borghese, capisaldi dell'equidistanza laica dai massimalismi della politica italiana, spesso teatrino incomprensibile di strilli insensati e di posizioni mostruose, che turbano il silenzio pensoso dei guardiani della Repubblica meneghina.

L'Estate del 2009, appunto, dopo quei giorni quasi tutti gli editoriali della coppia Della Loggia - Panebianco, sono stati punteggiati da real politik, benaltrismo, distinguo, inviti alla pacatezza, cerchi e botti. I confini già morbidi della morale borghese italiana hanno ceduto al principio di immediatezza, all'esigenza politico-economica del gruppo editoriale RCS a non infastidire più di tanto il governo e la maggioranza attuali. Una maggioranza non necessariamente solo politica, una maggioranza di andazzo, si direbbe, un tanto peggio tanto meglio che in passato il giornale da lei diretto aveva dosato con ben maggiore e più sano equilibrio.

Fino all'editoriale di oggi di Ernesto Galli Della Loggia, La Corruzione e le sue radici, che è non solo uno svogliato esercizio di pubblicistica ma un vero e proprio manifesto del Qualunquismo in Prima Pagina. Già dagli esordi - sì, questa volta a essere presi con le mani sacco sono stati esponenti del Pdl, ma in passato la stessa cosa è accaduta anche con esponenti del Pd - passando da - ma davvero la corruzione italiana si riduce a quella dei politici? Davvero in questo Paese la sfera della politica è malata e il resto della società sano? - per finire, dopo lunga dissertazione con l'avvilente - E' di una lucida resi dei conti del genere che abbiamo bisogno; di guardare a fondo dentro di noi e dentro la nostra storia. Non di credere, o di fingere di credere, che cambiare governo serva a cambiare tutto e a diventare onesti - il che porterebbe a bocciare l'allievo Della Loggia con un netto: "lei è andato fuori tema" o a bollare la sua analisi con l'irrilevanza che saremmo costretti a evidenziare in chi, interrogato per esempio sull'annosa questione meridionale, ci dissertasse sulla curiosa evenienza storico/biologica per cui molti siciliani di nascere biondi e con gli occhi azzurri.

Nel suo editoriale Ernesto Galli Della Loggia usa tutti i sapienti argomenti del qualunquismo classico applicato alla società italiana: siamo tutti ladri, i politici non sono peggiori di noi, al massimo ci rappresentano, la corruzione è la società, non nella politica, le origini sono nella nostra storia, guardiamoci negli occhi, facciamo un respiro profondo, e (questo lo diciamo noi), cristianamente continuiamo ad assolverci in attesa che qualche afflato esterno, magari di origine puritana, venga a moralizzarci senza sforzo.

Cazzate! (noblesse)

Il fallimento storico e antropologico dell'italiano medio è sotto gli occhi di tutti, stratificato nella coscienza o nell'inconscio di ogni cittadino, minando l'autostima individuale e sociale. Ma trattasi di un'osservazione ovvia. In quanto tale inutile per analizzare il presente e trovare una soluzione. Il problema invece è incistato in un sottoinsieme della società che identifichiamo con la Politica, intesa come quella classe di persone che in italia vive della Politica o dei suoi derivati, una popolazione variabile tra i 1.000 parlamentari e personale di governo per arrivare a un massimo di 4.000.000 di dipendenti pubblici. Nello spazio tra queste due cifre, tra chi ha maggiori poteri e chi non conta un cazzo, si situano un numero notevole di persone-chiave (possiamo pensare siano almeno 5.000 e non più di 10.000) che, come tali, hanno accesso alla gestione di un flusso di denaro enorme, 750 miliardi di euro l'anno che entrano sotto forma di tasse e tributi vari nelle casse statali e che vengono prontamente spesi, con scelte spesso discrezionali e clientelari, anche facendo ricorso all'indebitamento pubblico. Queste selezionate persone, questi politici, hanno un potere enorme e le mani troppo vicino alla cassa per aspettarsi che la tentazione non faccia l'uomo ladro. Sempre per il fallimento antropologico di cui sopra: l'italiano nasce individualista e ladro, può magari redimersi trovandosi un posto onesto nella società ma se per caso diventa un politico di rilevanza l'occasione lo rende ladro. Questa regola vale non per tutti, ma per quasi tutti gli amministratori politici italiani, questo è un fatto. Non è qualunquismo, è statistica.

Ecco perché nel caso dello scandalo Bertolaso e della Protezione Civile non c'è niente di nuovo, essendo l'ennesima dimostrazione di caso noto. Ma il primo giornale d'Italia può scegliere di eruttare editoriali stracchi e giustificazionisti oppure continuare a picchiare duro sull'intransigenza morale, evitando il distacco e l'ironia sulla magistratura, incalzando i politici incastrati nel pasticciacco fino a che questi non si ritirino dalla scena, sconfitti, lasciando spazio ad altri in prima linea. Il giornale borghese deve continuare a vivere di indignazioni e fermezza borghese, altrimenti non serve, incalzare i cosiddetti mariuòli (se Bertolaso è colpevole bisogna semplicemente distruggero, finirlo, politicamente parlando), battendosi anche per una riduzione del ruolo dello stato tout-court (quei 750 miliardi l'anno di denaro gestito da politici farabutti è veramente troppo) come unica assicurazione che l'appropriazione indebita e lo spreco di denaro pubblico si riducano in futuro.

Di questo c'è bisogno. Di intensità. Di punti fermi e di energìa. Di valori (si metta pure una mano alla pistola, se necessario).

Caro Direttore, spero sia l'ultimo editoriale in cui si vedono le mazzette e la corruzione di politici e palazzinari paragonate alle pratiche di formazione del prezzo dei carburanti o dei voli aerei, o altre pigre sciocchezze simili.

Altrimenti del suo giornale, alla mattina, farò benissimo a meno.

PS
Non le scriverò altre lettere. Le lettere indignate ai giornali sono sintomo di senilità precoce.

[Chapeau, ndW]

Nessun commento: