Ero tutto intento a pastorizzare il mio latte. Giovedì mattina. Vengo reclutato come assistente coreografo alla partita del cuore, la manifestazione canora in cui giocano a calcio per raccogliere soldi per la Nestlé. Obietto che non sono un coreografo. L' obiezione non sortisce alcun effetto. Quindi accetto.
Sotterranei dello Stadio Olimpico di Roma. Gli assistenti coreografi devono lavorare a pinzare cartoncini per una coreografia di massa, chiusi in un magazzino sporco come cinesi. Gli assistenti coreografi si procurano dei tagli alle mani. 150 euro tre giorni. Me ne aggiungono altri cento il secondo giorno per un extra di sei ore. L' ultimo giorno, prima che inizi la partita, delle 3000 persone garantite dall' organizzazione al capo coreografo ne arrivano 600. Sono bestie tra i 2 e i 90 anni che sudano, vociano, squartano cartoncini, rubano i palloncini che ci stanno attaccati (che noi abbiamo pinzato per tre giorni), invadono il campo per farsi fotografare con Pupo e si lamentano. Chiedono acqua e cibo. Sono 600. Sono troppo pochi. Il coreografo, tallonato da un piccolo napoletano dell' organizzazione che petula come una pittima, abolisce la scenografia. Difende il nostro lavoro e ci ringrazia. Una segretaria gli annuncia che sarà oggetto di una causa penale da parte dell' organizzazione (l' ORGANIZZAZIONE).
Piange, il coroegrafo. E' checca. Mi chiede il numero per testimoniare in suo favore. Glielo do. Scappa coi lucciconi. Dall' abitudine che ci s' è fatta, gli assistenti coreografi quasi stentano a vergognarsi. Ci apprestiamo a levare tremila cartoncini dagli spalti. Alcuni mocciosi li trasformano in aerei di carta giganti dal peso di quasi un chilo e li lanciano giù dagli spalti. Uno sfiora una bestiolina di un anno. Li leviamo tutti, grazie anche ad un extra a titolo gratuito richiesto a dei facchini rumeni. Ci facciamo confermare il pagamento per il giorno successivo. Ci viene detto che se vogliamo, possiamo restare e farci fare una foto con Baglioni con indosso la felpa di Baglioni.
Declino l' invito riinghiottendo la massa di bolo che la proposta mi stava proiettando ben oltre il piloro fin verso l' asfalto.
Torno a casa. Mi lavo le mani. Mi esce un rivolo dalle mani. Acqua e inchiostro al piombo.
Accendo la televisione. Metto su RaiUno.
Gianni Morandi viene intervistato a bordo campo:
"Siamo felici", dice.
Sotterranei dello Stadio Olimpico di Roma. Gli assistenti coreografi devono lavorare a pinzare cartoncini per una coreografia di massa, chiusi in un magazzino sporco come cinesi. Gli assistenti coreografi si procurano dei tagli alle mani. 150 euro tre giorni. Me ne aggiungono altri cento il secondo giorno per un extra di sei ore. L' ultimo giorno, prima che inizi la partita, delle 3000 persone garantite dall' organizzazione al capo coreografo ne arrivano 600. Sono bestie tra i 2 e i 90 anni che sudano, vociano, squartano cartoncini, rubano i palloncini che ci stanno attaccati (che noi abbiamo pinzato per tre giorni), invadono il campo per farsi fotografare con Pupo e si lamentano. Chiedono acqua e cibo. Sono 600. Sono troppo pochi. Il coreografo, tallonato da un piccolo napoletano dell' organizzazione che petula come una pittima, abolisce la scenografia. Difende il nostro lavoro e ci ringrazia. Una segretaria gli annuncia che sarà oggetto di una causa penale da parte dell' organizzazione (l' ORGANIZZAZIONE).
Piange, il coroegrafo. E' checca. Mi chiede il numero per testimoniare in suo favore. Glielo do. Scappa coi lucciconi. Dall' abitudine che ci s' è fatta, gli assistenti coreografi quasi stentano a vergognarsi. Ci apprestiamo a levare tremila cartoncini dagli spalti. Alcuni mocciosi li trasformano in aerei di carta giganti dal peso di quasi un chilo e li lanciano giù dagli spalti. Uno sfiora una bestiolina di un anno. Li leviamo tutti, grazie anche ad un extra a titolo gratuito richiesto a dei facchini rumeni. Ci facciamo confermare il pagamento per il giorno successivo. Ci viene detto che se vogliamo, possiamo restare e farci fare una foto con Baglioni con indosso la felpa di Baglioni.
Declino l' invito riinghiottendo la massa di bolo che la proposta mi stava proiettando ben oltre il piloro fin verso l' asfalto.
Torno a casa. Mi lavo le mani. Mi esce un rivolo dalle mani. Acqua e inchiostro al piombo.
Accendo la televisione. Metto su RaiUno.
Gianni Morandi viene intervistato a bordo campo:
"Siamo felici", dice.
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